L'Italia che attende, articolo pubblicato su "La Discussione", dedicato alla delicata situazione politica del nostro paese.
L’Italia che attende...
Prescindendo da quelle che possano essere le differenti ideologie politiche, pur in un momento storicamente difficile per la nostra classe politica, i prossimi giorni possono segnare un limite, un punto di non ritorno per chi partecipa alla vita del parlamento. Infatti il Governo presieduto da Enrico Letta, sostenuto da Pd, dal Pdl di Silvio Berlusconi e da Scelta Civica ha l’arduo compito di traghettare l’Italia fuori dal tunnel ispido dell’ennesima crisi politica, poiché è chiaro a tutti quale danno sarebbe un ritorno anticipato alle urne, specie prima di una riforma elettorale che cancelli l’attuale “porcellum”, un sistema che di fatto per quanto frammentati sono i voti nel nostro paese, porta insieme al bicameralismo perfetto, teoricamente ineccepibile , all’ingovernabilità.
Le cifre economiche di una caduta anticipata dell’esecutivo sarebbero attorno ai 7 miliardi di euro secondo le stime fatte dalla CGIA di Mestre , cifre che l’Italia ancora in recessione con il Pil al meno 0,2% non si può permettere. Per questo motivo i giorni e i mesi che seguono possono davvero essere i più importanti della Seconda Repubblica. Il rigore economico, impostoci dall’Unione Europea e portato avanti con estrema fatica dal precedente governo, ha fatto uscire il nostro paese dalla procedura d’infrazione per debito eccessivo, una buona notizia pagata però a caro prezzo dalle famiglie italiane, infatti alla maggiorazione continua e inarrestabile delle imposte ha coinciso una diminuzione dei servizi, si pensi a cosa sta accadendo alla Sanità o alla Scuola. Ora dopo due anni in cui il popolo italico ha con sudore e sacrificio fatto fronte al freddo rigore dei conti voluto dall’Europa germanocentrica e dal governo Monti, ora forse è tempo che la politica vada incontro agli italiani. Il nostro è un paese che lacrima, ovunque negli occhi della gente si legge una nota di tristezza, si scorgono le pupille opache delle persone che hanno perduto la speranza. Ma credo che il fatto che debba far riflettere i politici d’ogni partito e coalizione sia la richiesta, il grido per far tornare ad essere l’Italia il grande Paese che può e deve essere, ossia una smisurata e incredibile voglia di uno Stato dove la giustizia sia più giusta e soprattutto una terra in cui il merito sia un valore assoluto, semplicemente una grande democrazia meritocratica. L’auspicio, dunque, memori di cosa abbia significato la fine della prima Repubblica, è che per cambiare forse non è necessario azzerare i partiti e rottamare i “vecchi” politici, quanto forse un ulteriore presa di coscienza da parte di chi amministra la cosa pubblica, che quel potere che hanno raggiunto , oltre i molti benefici implica una grande, pesante e irrinunciabile responsabilità civica e umana.